Questo articolo riprende una mia relazione presentata al 35° congresso della Società Italiana di Agopuntura (SIA)
Parole chiave: agopuntura, empowerment, dolore, qualità di vita.
Sommario. Importanti filosofi occidentali contemporanei, interpretano il dolore come una richiesta di cambiamento che il corpo presenta all’uomo, specie laddove esiste una sproporzione tra l’entità del danno somatico e la sofferenza percepita. In medicina cinese, nell’abito della teoria dei cinque elementi, aspetti e componenti significativi del dolore vengono ascritti a disfunzioni del movimento legno per problemi suoi propri, oppure derivati da disfunzioni primitive di altri elementi e ad esso trasferito in base ai cicli di generazione (Chen) e di dominazione (Ke). Il movimento legno è legato com e punto cardinale, all’est, alla primavera ed anche al suo valore simbolico di cambiamento.
Il trattamento di agopuntura personalizzato è un’occasione peculiare di empowerment delle capacità di autocura del paziente. Metaforicamente Jeffrey Wen indica la necessità che curante e curato attraversino insieme le tre caverne della cura (dello Shen, del simbolo e dalla autenticità).
In base a tali premesse, l’autore per tali pazienti con dolore, come parte integrante della cura la necessità di introdurre cambiamenti concreti nel proprio vivere quotidiano. Il cambiamento viene indicato al paziente quale “compito verso sé stesso, cui tener fede”.
Non di rado dopo un ciclo di applicazioni si realizza per il paziente la possibilità di fare divenire la propria ferita genitore di una vita migliore, con scomparse o attenuazione contestuale del sintomo doloroso.
Sono svolte alcune considerazioni e proposte sulla possibilità di valutare l’efficacia del trattamento
- Premessa
1.1 La definizione di dolore più utilizzata è dal 1979, invariabilmente, quella dell’Associazione internazionale per lo studio del dolore: “Un’esperienza emotiva o sensoriale sgradevole con effettivo o potenziale danno tessutale, o riferita come tale. Il dolore è sempre soggettivo. Ognuno impara l’applicazione di questa parola da esperienze legate a fatti negativi nella prima parte della sua vita. È indubbiamente una sensazione che riguarda una parte del corpo, ma è anche sgradevole e quindi un’esperienza emotiva. Molte persone dicono di aver dolore anche senza danni tissutali o alcuna causa fisiopatologica. Non v’è alcun modo per discernere quest’esperienza da quella dovuta a danno tessutale, partendo da quanto riferiscono”. (1).
Dunque da tempo è universalmente riconosciuto che il dolore è all’interno del logos, inteso come dimensione della parola e campo del linguaggio con le loro leggi strutturano il fondamento delle relazioni tra gli esseri umani, mezzo di espressione dei nostri sentimenti primari.
1.2 Importanti filosofi occidentali contemporanei, quali Salvatore Natoli (2), interpretano il dolore come una richiesta di cambiamento che il corpo presenta all’uomo, specie se esiste una sproporzione tra l’entità del danno somatico e la sofferenza percepita.
1.3 Per l’oriente cinese per l’uomo la dicotomia tra corpo e psiche non esiste, non solo: non è neppure concepibile. La psiche è il corpo e il corpo è psiche. Non esiste funzione organica che non contribuisca a dare il proprio “colore emotivo” e non esiste stato d’animo intenso o cronico che non lasci la sua traccia a livello d’organo. Non accade nella nel corpo che non abbia un corrispettivo moto psicologico. Di qui l’importanza di conoscere e studiare:
- Costituzione personale (postura, voce, sguardo, forma del corpo, carnagione, modo di dormire, preferenze per i colori, organi di senso, forma corporea, modi di esprimere ansia e aggressività, tono dell’umore)
- Ricerca/evitamento di freddo o il calore
- Bioritmi, modo di dormire
- Gusti alimentari
- Storia personale e “ferite” pregresse, data l’importanza del passato del paziente, i nodi non risolti, le porte non svoltate, i conflitti, le coazioni a ripetere. “Conosci la luce, ma resta nel buio” (Lao Tse).
La malattia e la cura per l’oriente dipendono da una anormale o difficoltosa circolazione nell’organismo delle due manifestazioni (lo Yin e lo Yang) del Qi. La vulnerabilità individuale è legata alla costituzione personale, indotta dal proprio Jing Qi.
Gli aghi, infissi nei punti di affioramento dei canali energetici, ristabiliscono la normale circolazione del Qi, (come generando un corto circuito). Ogni punto di agopuntura influenza insieme la sfera corporea e quella psichica. Sono “celesti”, regolano il buon andamento dell’organismo, correggendo le disfunzioni presenti, anche se non sono la causa della richiesta di cura.
1.4 Il paradigma della biomedicina, prevalente in occidente, invece vede tendenzialmente la malattia come una entità indipendente dal malato e per questo egli viene messo quasi tra parentesi nella lotta fra il medico e le malattie. Il medico non chiede più l’aiuto del malato, come avveniva nella medicina ippocratica, ma si rivolge alla tecnica, al laboratorio, alla farmacologia, alla terapia antimicrobica. La medicina, nella sua struttura conoscitiva, diventa “impersonale”, ricerca i fenomeni universali, comuni a tutti. Diviene una medicina dei “numeri“, contrapposta ad una medicina della “qualità”. Viene meno il carattere qualitativo della malattia e della esperienza soggettiva del malato. La malattia è un qualche cosa che chiama in causa solo gli organi o parti specifiche del corpo umano.
Questa particolare concezione biologica a cui, pur con le dovute eccezioni, i medici aderiscono, vede la malattia come «un guasto che si produce nel corretto funzionamento di quella macchina biologica che è il corpo umano, ossia una deviazione del progetto della specie».
E tuttavia il paziente, l’Altro che chiede cura, quando “cade” ammalato, anche in quella condizione, non si allontana dal sentirsi persona, parte integrante del “logos” che lo anima. Spesso non vede “scienza ed arte” quando freddi protocolli terapeutici “rassicuranti” per chi li applica, ma non sempre per chi li riceve- sono utilizzati secondo un modello definito meccanicistico.
Insoddisfatti dell’approccio biomedico, sfiduciati, scoraggiati, accade che i pazienti sofferenti cerchino altrove “l’arte del curare”, con l’approdo al mondo delle medicine complementari ed in particolare alla agopuntura di origine cinese. E’ importante cogliere l’occasione per poter offrire al paziente un ruolo attivo nella cura.
- Una differente visione
Chi offre la cura mediante agopuntura ha delle opportunità, che qui si intendono esplorare, a partire da una metafora recentemente utilizzata in videoconferenza dal maestro Jeffrey Yuen a Firenze, nel marzo 2015 in occasione del 35° anniversario della locale scuola di agopuntura, circa le tre caverne da attraversare nel processo di cura con agopuntura, presa a guida del presente lavoro.
2.1 La caverna dello Shen
Secondo la tradizione, il medico può instaurare una relazione autentica con chi deve curare, solamente mettendosi in relazione con la verità di sé.
Egli non può giungere a cogliere la realtà del suo paziente, il suo stato di salute o di malattia se prima non ha fatto il “Vuoto” dentro di sé. Come premessa del trattamento il medico “svuota” il suo cuore e si concentra, prima di relazionarsi con il paziente.
Il «Vuoto del cuore» permette di accogliere il paziente, di capire il suo stato, di intervenire con parole e gesti esatti e con una terapia efficace, rivolgendo un messaggio preciso al suo spirito.
L’incontro tra lo Shen del curante e quello del paziente è possibile solo se il terapeuta vive il «Vuoto del Cuore» e questo incontro è ciò che consente di attivare le forze di autoguarigione presenti nel paziente. L’aspirazione del curante è di sciogliere i nodi che impediscono il fluire delle cose.
Lo Shen e il curante: empatia, accettazione e autenticità, sono dunque il presupposto di una collaborazione paritetica nel rapporto medico-paziente anche nell’epoca di internet.
2.2 La caverna del simbolo
La comprensione che l’uomo ha di sé stesso in rapporto al fondamento e, al limite, della propria esistenza è resa possibile da mito, quale interpretazione del mondo. Secondo C. G. Jung (3) “Ciò che noi chiamiamo simbolo è un termine, un nome, o anche una rappresentazione che può essere familiare nella vita di tutti i giorni e che tuttavia possiede connotati specifici oltre al suo significato ovvio e convenzionale. Esso implica qualcosa di vago, di sconosciuto o di inaccessibile per noi.
L’incontro con il paziente in agopuntura è gravido di elementi simbolici, inerenti:
2.2.1 Il rapporto medico-paziente
- La terapia è somministrata direttamente
- Il momento della terapia diventa un momento altamente rituale (con tutti i rischi talora connessi)
- La lettura simbolica cinese del corpo produce una diversa comprensione del “senso” del sintomo e del miglioramento e quindi di ritornarlo al paziente.
- L’infissione dell’ago corrisponde ad una periferia che autoregola il centro. Il paziente è indotto a incrementare il proprio potenziale energetico e anche a ripensare il proprio vissuto, grazie alla “intelligenza del corpo”.
- Lo strumento usato (l’ago), diverso e inusuale ed esotico, che induce a dubitare sulla validità della tecnica
- Investimento magico-sciamanico, che condiziona sia il paziente che il medico, che quasi sempre si trova nella condizione di doverne affermare la validità (con i rischi di onnipotenza connessi).
- La via utilizzata per la terapia, la pelle, (che copre, protegge, avvolge, esprime), in una relazione (medico-ago-paziente) differente da quella farmacologica, che utilizza per lo più della via orale (medico-farmaco-paziente)
2.2.2 La teoria dei cinque elementi, il dolore, il bisogno di cambiamento
Per la teoria dei cinque elementi, aspetti e componenti significativi del dolore vengono ascritti a disfunzioni dell’elemento legno, per problemi attinenti alla sfera dei sentimenti, soprattutto a condizioni di ira repressa o espressa in maniera inadeguata.
A volte la debolezza dell’elemento legno non è in grado di contrastare lo strapotere dell’elemento terra, ipertrofico oggi per il predominio della vita intellettuale su quella fisica, ed esasperato dall’utilizzo spasmodico delle nuove tecnologie informatiche. Talora si riversano sul movimento legno problemi dell’elemento acqua-madre (soprattutto per traumi o problemi nei rapporti genitori-figli (lutti separazioni, malattie ereditarie) oppure dell’elemento fuoco-figlio da mancanza o perdita di stimoli gioiosi e/o piacevoli. Altre volte è l’elemento metallo ad essere primitivamente interessato, per eccesso di tristezza, che si riflette negativamente sull’elemento legno.
2.2. 3 Il curante utilizza gli aghi in base alla propria esperienza, una volta fatta la diagnosi energetica, che tiene conto anche dello stato dei polsi e della osservazione della lingua, con scelte diverse a seconda delle scuole cui si ispira:
- Attraverso i punti dei meridiani curiosi soprattutto, e/o anche mediante:
- I punti dei meridiani ordinari
- I punti dei meridiani distinti o tendino muscolari secondari
- La caverna dell’autenticità
Alejandro Jodorosky (4) sostiene provocatoriamente che dietro ogni malattia c’è il divieto di fare qualche cosa che desideriamo di fare, oppure la costrizione a fare ciò che non desideriamo fare. “La bellezza si trova solo nell’autentico, non c’è bellezza senza autenticità, ma per arrivare ad essere autentici, bisogna lasciare ciò che non si è. La dichiarazione di Alma Ata della OMS, già nel 1978 (5) affermava l’importanza dello empowerment. Il processo attraverso il quale le persone acquisiscono consapevolezza della propria vita e procedono a quel cambiamento del proprio ambiente sociale e politico, per migliorarne la qualità.
La proposta che segue è un tentativo di dare spazio all’autenticità del paziente grazie alle speciali condizioni che si verificano nel corso di un trattamento di agopuntura.
- La proposta terapeutica
L’idea di proporre al congresso della SIA 2015 il modo di curare i pazienti con dolore, che utilizzo da tempo laè scaturita dall’aver ascoltato a Firenze l’intervento di Jan Marc Kespì a Firenze, nel marzo 2015. Kespì riferiva una metafora ascoltata dal maestro di agopuntura Nguien Van Ghi secondo il quale noi occidentali che pratichiamo l’agopuntura e «non abbiamo preso il latte da una cinese», non potremo mai essere in grado di praticarla così come fanno i cinesi, ma invece possiamo contaminare la pratica e applicarla in maniera originale e diversa. In buona sostanza a partire nostro logos. La lezione di Alberto Quaglia Senta, quanto mai attuale (6), afferma l’importanza di coniugare nel nostro operato di agopuntori gli stimoli e le conoscenze di oriente e occidente.
In pratica nei pazienti con dolore, specie se vi è sproporzione tra il livello di danno e la sofferenza percepita, durante il ciclo di cura propongo sempre loro di valutare la necessità di introdurre un cambiamento significativo. Nel senso di modificare nel proprio quotidiano almeno una abitudine o una attività del proprio stile di vita, in risposta agli interrogativi che il corpo propone tramite il dolore. Di riprendere o intraprendere, con scelta consapevole, attività di carattere piacevole e/o liberatorio, inerenti ciò che la tradizione orientale associa all’elemento che potrebbe essere compromesso (ad esempio moto fisico o una attività sportiva, canto, giardinaggio, dipingere, ricamare, ballare, etc.). Oppure,se il problema primario appare riferito all’elemento legno, di iniziare a riconoscere il proprio modo di esprimere la propria ira e se inadeguato, di iniziare a modificarlo. Tale pratica attiva diventa “impegno verso sé stesso», cui tener fede. Altre voltesi tratta di sottrarsi, almeno per qualche ora settimanale, allo strapotere dell’elemento terra (sfera della riflessione e del pensiero), che tra internet e connessioni varie, tende a predominare. Diversamente, può essere prioritario riprendere contatto con la dimensione del lutto, (elemento acqua o anche metallo) quanto mai trascurata nel nostro vivere comune, mediante atti simbolici di riconciliazione e perdono. E’ possibile in tal modo approcciare e talora chiudere delle gestalt ancora aperte. Spesso nel corso delle sedute iniziali la prospettiva viene vista come nebulosa, poco chiara ed è difficile identificare quale è la natura della domanda che il corpo pone. A volte, e solo quando il rapporto è consolidato, può essere utile rivolgere il quesito ai Ching. A prescindere dalla risposta, comunque significativa secondo la interpretazione di C. G. Jung, (7) l’impegno per formularla con esattezza rappresenta un primo «impegno verso sé stesso».
Ma d’altra parte gli aghi “celesti”, oltre che per gli effetti neurofisiologici, di per sé o indirettamente contribuiscono ad identificare il cambiamento necessario. A seguito di tale percorso non è raro che si realizzi per il paziente l’opportunità di mutare la propria ferita nel genitore di una vita migliore, con la contestuale e persistente scomparsa del sintomo doloroso.
- Il problema della valutazione
Questo modo di procedere, così come la maggior parte dei trattamenti individualizzati, ha il problema di trovare con difficoltà metodi di valutazione accettati. Il paradigma che ne è alla base è infatti estraneo al paradigma di valutazione della Evidence Based Medicine (EBM), predominante nel campo della biomedicina. Le domande fondamentali poste da EBM ad un intervento medico non sono adeguate a valutare gli effetti di trattamenti individualizzati, la relazione interpersonale tra agopuntore e paziente, le basi teoriche con cui è svolto, le aspettative del paziente (consapevole o inconsapevole), il suo empowerment rispetto alla malattia e alla vita in generale, il ruolo dei pensieri magici nella guarigione. Per il punto di vista scientifico i pensieri magici non esistono.
Come documentare, dunque, i risultati ottenuti? Ritengo che il ricorso alla biografia possa essere utile a evitare di banalizzazione dei risultati. Richiedo nel corso del primo incontro l’impegno ad inviarmi dopo sei mesi dalla fine del trattamento una lettera con la descrizione della propria vita (buona, invariata o meno buona) dopo il ciclo di agopuntura.
La buona salute e la buona vita non sono, infatti, un dato scontato. Il corpo è un mezzo attraverso cui egli interagisce con il mondo in cui vive. È su questo spazio, espressione di dominio dell’uomo sull’ambiente e viceversa, che vanno valutati concetti come quello di normale e patologico. (Valere -da cui “valore”- significa in latino “stare bene”).“La salute è un modo di affrontare l’esistenza sentendosi non soltanto possessori o portatori, ma, al bisogno, creatori di valore, instauratori di norme vitali” (8). L’obiettivo è che la guarigione divenga un luogo pedagogico in virtù della differenza «io posso-io subisco». Come in psicanalisi, dove chi ascolta così come chi parla esce cambiato, anche noi possiamo offrire una possibilità alternativa e veloce affinché il trauma venga rielaborato, non evaso, per mutarsi in principio di una nuovo racconto. Guarire significa per il paziente imparare a fare qualcosa con la malattia. Non abbandonarla ai margini, cercando di renderla qualcosa di insignificante e “stare bene” a partire da essa. “Comportarsi bene” con qualcosa a cui si deve fare fronte e che è impossibile evadere, è ritrovare la volontà di potenza in una situazione che sembrerebbe eliminare «io posso». E’ concreto il rischio che essere in buona salute venga considerato un dato scontato e banale, non il frutto di un percorso di consapevolezza che nella scrittura può trovare la giusta evidenza
Mi auguro di poter presentare in futuro, estratti o elementi di tali storie, che raccolgo da qualche mese, da quando cioè ho deciso di presentare questa esperienza.
Bibliografia
1.IASP. Pain 1979(6)249-252, ex Shipton, 1993
2.S. Natoli. «L’esperienza del dolore. Le forme del patire nella cultura occidentale». Ed. Feltrinelli, Milano,1986
3.C.G. Jung. L’uomo e i suoi simboli. Ed TEA, Milano, 2004
4.A. Jodorosky «La danza della realtà» Ed. Feltrinelli, Milano 2004
- Dichiarazione Universale di Alma Ata sull’Assistenza Sanitaria Primaria,Alma Ata, USSR 6-12 Settembre 1978
6.A. Quaglia Senta, «Il sistema simpatico ed agopuntura» Ed. Cortina, Torino 1977
7.C. G. Jung, “I Ching. Prefazione”. Ed. Adelphi, Milano, 1991
8.G. Canguilhem. Sulla medicina. Scritti. Einaudi, Torino 2007
Giacomo De Cunto
Via Damaso n. 28, 82100, Benevento
email: dcn.gcm@gmail.com
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