Per capire la Medicina cinese occorre prima di tutto comprendere alcune differenze sostanziali tra le concezioni occidentali e quelle della tradizione cinese, almeno per quanto riguarda l’ambito della medicina.
Il Corpo
secondo i cinesi il corpo è l’universo in miniatura ed è allo stesso tempo uno specchio dell’ordine sociale; infatti la simbologia usata nel dialogo dell’Imperatore Giallo con il suo consigliere (il testo fondamentale della medicina cinese) è la stessa usata per descrivere l’Impero.
Il sistema viene descritto in termini di uffici nella burocrazia centrale del corpo, non in termini anatomici. Gli organi sono meri correlati del sistema di funzioni.
Anche nel caso della medicina, il corpo viene costruito in maniere completamente diverse. Per tradurre il termine greco per corpo – sarkos – un termine che denota chiaramente il fisico (soma, erroneamene tradotto con corpo fisico, indica invece “l’idea del corpo”), ci troviamo di fronte a quattro termini: shen, t’i, ch’u e hsing. Di questi i primi tre (shen, t’i e ch’u) hanno una denotazione più ampia (denotano o implicano il concetto di personalità o persona), mentre il quarto, hsing (=forma) era usato raramente. Secondo Sivin (1995) il corpo cinese è “composto soprattutto da ossa e carne vagamente definita e attraversata da tratti circolatori”; questi tratti collegano degli “insiemi di funzioni”, i cosiddetti organi, per cui si può dire, con Unschuld (1993) che la patologia cinese è funzionale. Come si legge sul Classico dell’Imperatore Giallo: “Il soggetto del discorso… è il flusso libero ed il movimento centrifugo e centripeto del qi divino (shen qi). Non sono pelle, carne, tendini ed ossa” (Larre, Rochat de La Vallée 1994). L’etica buddhista, con la sua idea di sacralità del corpo, ad un certo punto si innesta sulla filosofia confuciana e contribuisce a rendere il corpo cinese un tutto indiviso, per studiare il quale il medico deve osservare le funzioni, l’equilibrio delle sostanze. Un corpo dissezionato non è di alcun interesse per il terapeuta, ed è significativo che nella medicina cinese l’immagine tipica usata per descrivere la morte imminente sia quella di una separazione tra yin e yang.
Il Cosmo
se comparate alla visione occidentale, figlia della filosofia greca razionalizzante, le concettualizzazioni cinesi appaiono molto differenti. Due tra le differenze più evidenti risiedono nella concezione unitaria del cosmo cinese e nell’assenza dei classici concetti di causalità. Secondo Granet queste differenze sono dovute a divergenze fondamentali nei concetti di tempo e spazio. La temporalità logicamente strutturata occidentale descrive un tempo scandito, frammentato, mentre la temporalità socialmente costruita dei cinesi è più simile ad una idea empedoclea di un tutto immutabile ma dinamico, dove gli eventi che appartengono alla stessa categoria sono interconnessi, a prescindere dalla loro posizione temporale. L’idea dominante nella filosofia cinese, specialmente nel periodo post neo-confuciano, è quella di un ‘monismo dinamico’ (Kwok, 1993), dove il concetto di Ho – termine che implica ‘la capacità di contenere e accomodare tutti i tipi di eventi logici, qualsiasi sia la loro definizione temporale o spaziale’ – è più importante del concetto di T’ung, termine che implica ‘logicalità’, ‘identificazione e identificabili’ e ‘classificare’. Mentre i greci tentarono di ridurre la Natura alle sostanze individuali o agli elementi, per i cinesi ‘era importante l’universo inteso come trama o pattern (wen)’.
Non esiste una controparte cinese al termine phisis (inteso come universo fisico e materiale) almeno fino al 1881, quando i cinesi presero a prestito questo significato dai giapponesi. I cinesi non sentono il bisogno di un concetto puramente fisico, ed utilizzano il complesso qi, yin-yang e wu-hsing ad un livello di astrazione maggiore: il tao.
I Concetti
la stessa idea di ‘concetto’, un’entità in qualche modo astratta dalla realtà ma applicabile ad essa, è distante dalla filosofia cinese. ‘Niente ci invita a vedere nello Yin e nello Yang sostanze, forze o principi: sono solo emblemi animati da una forza evocativa che è indefinita, o meglio, totale’ (Granet 1987).